Anche se sottoposto da tempo al 41 bis, il detenuto Toto’ Riina, il ‘capo dei capi’ di Cosa Nostra, continua a essere talmente pericoloso che non ci sono motivi che possano giustificare una disapplicazione del carcere duro.
E’ il ragionamento seguito dai giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza numero 19811/16. Per i magistrati della Suprema Corte bene ha fatto il tribunale di sorveglianza di Roma nell’aprile del 2014 a bocciare il reclamo che la difesa di Riina aveva presentato contro il decreto del novembre del 2013 firmato dal ministro della Giustizia che prorogava il regime del carcere duro.
Per il collegio “l’ordinanza impugnata da’ conto, esponendo una copiosa serie di precisi riferimenti ai dati desumibili da tutti gli atti disponibili, della specifica valutazione circa la elevatissima pericolosita’ sociale di Riina e, con un ragionamento adeguato, perviene, in considerazione della mancanza di elementi significativi atti a denotare il venir meno della capacita’ del detenuto di mantenere i contatti con la cosca mafiosa di appartenenza, alla conclusione del carattere attuale di tale capacita’ e, quindi, della permanenza dei presupposti per l’applicazione della norma in discussione”.
Da qui l’inamissibilita’ del ricorso e la condanna di Riina al pagamento delle spese processuali e di 1000 euro alla Cassa delle ammende.