Un libro per capire perché stragi e delitti in Italia restano impuniti?

Quattrocento pagine di grande giornalismo e memoria storica il libro “Traditori: come fango e depistaggio hanno segnato la storia d’Italia“ di Paolo Borrometi, giornalista che da anni vive sotto scorta e condirettore di Agi.

Quattrocento pagine, edite da Solferino Editore, che chiedono perché tante stragi e delitti in Italia rimangano impuniti, perché la ricerca della verità sia sempre così difficile e, soprattutto, perché come disse Giovanni Falcone “in questo paese per essere credibili bisogna essere ammazzati“… e, spesso, c’è da aggiungere oggi, neanche questo basta.


Quattrocento pagine di grande giornalismo e memoria storica il libro “Traditori: come fango e depistaggio hanno segnato la storia d’Italia“ di Paolo Borrometi, giornalista che da anni vive sotto scorta e condirettore di Agi.

Quattrocento pagine, edite da Solferino Editore, che chiedono perché tante stragi e delitti in Italia rimangano impuniti, perché la ricerca della verità sia sempre così difficile e, soprattutto, perché come disse Giovanni Falcone “in questo paese per essere credibili bisogna essere ammazzati“… e, spesso, c’è da aggiungere oggi, neanche questo basta.

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In “Traditori“ Paolo Borrometi partendo dal racconto dello sbarco degli americani in Sicilia arriva ai giorni nostri, fino alla cattura di Matteo Messina Denaro. Una narrazione che muta di pagina in pagina la cronaca di decenni italiani in storia, se per questa intendiamo il racconto di avvenimenti quali risultano da un’indagine critica volta ad accertare sia la verità di essi, sia le connessioni reciproche per cui è lecito riconoscere in essi un’unità di sviluppo (Treccani) per le connessioni reali che Borrometi ci fra fatti importanti accaduti, evidenze volutamente ignorate o dolosamente nascoste.

Dalla strage di Portella della Ginestra del primo maggio 1947 in cui morirono 11 persone che partecipavano alla Festa del Lavoro, la strage politico-mafiosa fatta dalla banda di Salvatore Giuliano, dopo che il blocco delle sinistre aveva vinto elezioni regionali in Sicilia e su cui dopo 76 anni c’è ancora, vergognosamente, il Segreto di Stato a storie forse meno note come quella del giovane genio della chirurgia urologica, Attilio Manca, morto nel 2004, il cui  strano suicidio ancora chiede giustizia, stretto fra evidenze di depistaggi e, come dissero i suoi genitori “il suicidio morale della Giustizia”.

Si attraversano nel libro di Borrometi, gli anni della strategia della tensione e quelli della P2, scorrono le immagini di Via Fani, le stragi dall’Italicus al Rapido 904, per passare da Capaci a Via D’Amelio. Il racconto puntuale e dettagliato di manine che ripuliscono luoghi velocemente, testimonianze ignorate, documenti spariti, di connessioni dolosamente ignorate.

Ricordandoci sempre che, quando si parla di mafia, di depistaggi, del livello delle menti raffinatissime di cui parlava Falcone, non è colpevole solo il fare qualcosa chiaramente definibile come reato, ma anche l’omettere, il non vedere, il mascariare, l’infangare semplicemente qualcuno per distrarre l’attenzione, come precisa strategia.

Infiniti i nomi che lo subirono o l’hanno subito. Da Rocco Chinnici accusato di manie di protagonismo, a Peppino Impastato definito un terrorista o Don Diana, un camorrista. Pagine che scorrono quelle del libro di Paolo Borrometi come dolorosa via Crucis di noi persone per bene in un Paese che vive di un lato oscuro potentissimo dandoci, a ogni capitolo, un senso di stordimento. Un pugno nello stomaco per il senso di rabbia e di impotenza che arriva implacabile.

Immagini con cui molti della mia generazione sono cresciuti che ci fanno ripiombare in una Italia insanguinata da vittime innocenti e parole. Anzi chiacchere, inutili e tantissime. Ascoltate negli anni in tante commemorazioni ipocrite di istituzioni che ancora non hanno reso troppo spesso alle vittime né giustizia né verità.

Ma, la cosa bella è che libri come “Traditori “ di Paolo Borrometi fermano il tempo, mettono nero su bianco quello che non si vuole vedere, lo fanno diventare pubblico. Rendendo tangibile poterla chiedere quella giustizia e quella verità diventando memoria, importantissima. Un punto fermo da cui ripartire.

Perché il pensiero doveroso è anche fatto della realtà di chi non si piega e va avanti, di chi resta simbolo sulle cui gambe camminare per continuare a  cercarla e chiederla quella giustizia e quella verità. Perché, come ci ricorda Borrometi, scriveva Piersanti Mattarella ai suoi giovani parlando di certa politica:  “…la responsabilità più grande e più grave è quella degli onesti e dei capaci che se ne lavano le mani e non si impegnano per cambiare le cose“.

(FONTE: Milene Mucci per HuffPost)

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