Siamo tutti sotto shock. Dopo il crollo del ponte Morandi di Genova ci sentiamo fragili ed esposti ad un pericolo costante e inaspettato, subdolo, capace di mettere in discussione anche le nostre più consolidate abitudini quotidiane.
L’Italia si riscopre piena di strutture pericolanti, a rischio crollo, poco o nulla manutenute e si interroga sulle cose da fare. C’è la questione della revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia, con l’enigma di un eventuale indennizzo, stimato per circa 15/20 miliardi di euro, a favore del concessionario, anche inadempiente. Oltre il danno la beffa! Più di 40 persone muoiono e il risarcimento va a chi potrebbe avere causato, con una propria inadempienza/negligenza, questo tragico bilancio di dolore nazionale!
E, dopotutto, il punto non è solo e non è tanto la revoca delle concessioni, perché l’Italia è un paese fragile e noi questo lo sappiamo bene e non lo scopriamo adesso. Sappiamo che moltre infrastrutture sono assolutamente inadeguate, sul piano della sicurezza, come, ad esempio, gran parte del tratto autostradale Catania-Palermo, giusto per citare un caso che noi siciliani conosciamo bene, ma anche la rete ferroviaria in generale (non dimentichiamo i recenti tragici incidenti in Lombardia).
Sappiamo che l’Italia è un paese fragile sul piano idrogeologico, perché lo sviluppo edilizio non ha tenuto conto, negli ultimi 70 anni, delle debolezze del nostro territorio e sappiamo anche che i nostri monumenti necessitano di continua attività di restauro e di conservazione e la cui mancanza di attenzione determina il rischio quotidiano di collasso, la perdita di vite umane e di un patrimonio culturale e memoriale unico al mondo.
L’Italia si è svegliata, il 15 agosto scorso, guardando in faccia, ancora una volta, la sua caratteristica più evidente: l’enorme fragilità che si alimenta sempre di più a causa di una atavica incapacità di prevedere e di prevenire, perché gli italiani sembriamo incapaci di attuare una politica di investimenti mirati e ben gestiti.
Prendiamo atto che l’Italia ha bisogno di soldi, di tanti soldi, per uscire da un labirinto di contingenze pericolosissime, assolutamente note ma rispetto alle quali non sembra siano state date, ad oggi, risposte definitive e soprattutto operative.
Bene, quindi, tutta la diatriba sulla revoca delle concessioni, ma ci si chiede se valga la pena rischiare una soccombenza di 20 miliardi quando le vie legali possono costringere il concessionario ad eseguire, con maggiore rigore, i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete autostradale, tenuto conto anche dell’enorme quantità di denaro necessaria per la ristrutturazione della rete viaria non autostradale (e sono migliaia di Km) sottoposta ad altri tipi di concessione o subordinata al potere degli enti locali.
No, l’interrogativo cardine, di fronte alle tante, differenti e persistenti fragilità del bel paese, è quello di trovare le risorse necessarie ad un grandissimo piano di ristrutturazione generale dell’Italia in quanto tale, dalla riqualificazione dei centri storici all’introduzione di strumenti integrati di mobilità alternativa, tale da cambiare radicalmente il volto della nazione, abbandonando definitivamente le cattive prassi e le deleterie abitudini, figlie di un boom economico ormai lontano anni luce dal nostro presente e rispetto alle quali nessuno di noi è più in grado di sostenere il ritmo oltre che il costo.
Occorre un ripensamento generale da parte di tutti, non solo da parte del mondo politico, ma soprattutto da parte dei cittadini, ai quali bisogna chiedere uno sforzo di cambiamento dal basso e individuale, dalla cui somma ne deriva una vera e propria rivoluzione collettiva.
I politici, ad ogni livello, devono fare lo sforzo di comportarsi come una vera classe dirigente e, quindi, guidare un vero e progressivo processo di innovazione della società, piuttosto che farsi guidare essi stessi dalla logica del consenso e dal potere dei sondaggi.
L’Italia è un paese fragile e bisognoso di cure e noi tutti, senza esclusione, dal Primo Ministro Conte al pensionato della più sperduta provincia, dobbiamo agire insieme, in una sola direzione.
Nei momenti più drammatici della sua storia, quello italiano ha dimostrato di essere un grande popolo, capace di fare cose enormi.
E’ giunto il momento e non possiamo più accettare palliativi.
L’Italia fragile si rialzi, dimostrando la forza invisibile della sua grande dignità!