Quella che oggi vi vogliamo raccontare è una storia inventata.
C’era una volta una città di mafia ed in questa città una famiglia, molto importante (mafiosamente parlando). Di questa famiglia facevano parte tante persone, tutte convintamente mafiose.
All’interno di questa famiglia c’era, in particolare, un soggetto, molto presuntuoso ed arrogante, che gestiva gli affari mafiosi “familiari” e pensava di poter prendere in giro tutti. Ne era convinto e continuava a gettare cifre, numeri, risultati.
Questa cifre sembravano risultati netti (calcistico o tennistico), infatti erano – a suo dire – le proprie vittorie sulla giustizia o su chi la amministra in città.
E lui continuava, imperterrito. Estorsioni, droga, armi, mafia.
Gestiva molto di quella città inventata. Si sentiva così convinto di sé che minacciava chiunque, eppure poi faceva l’agnellino perché di “onore” questo personaggio inventato non aveva nulla. Solo disonore, e tanto.
Poi un bel giorno un altro personaggio inventato decise di collaborare con la giustizia, diventò ciò che comunemente viene chiamato “pentito”. In breve, cercò di riacquistare quell’onore che da mafioso non aveva.
Solo che quel pentito (inventato) era compagno di una donna (inventata) e, guarda caso (il destino è proprio beffardo) quella donna, la compagna del pentito, era proprio la figlia di quell’arrogante mafioso inventato.
In quel momento a quel mafioso inventato crollò il terreno sotto i piedi, iniziò a pensare di come la propria posizione fosse realmente a rischio. Iniziò a realizzare che fosse “finito”.
Capì che per lui fosse questione di tempo e se la prese con la figlia, dicendole di non farsi vedere più.
La insultò, la minacciò.
Strano il destino, quell’uomo piccolo piccolo ma arrogante arrogante era stato fregato dal compagno del “sangue suo sangue”.
Strano il destino, veramente beffardo. Meno male che è solo una storia, inventata…