Soldi, soldi, soldi a discapito della povera gente. Soldi nostri che entrano nelle tasche dei mafiosi.
E’ questo l’unico obiettivo dei clan mafiosi e non ne è esente neanche il (ricco) clan Trigila.
Estorsioni, droga, spaccio, gioco d’azzardo, ma anche movimento terra, pompe funebri e tante altre attività illegali o a cavallo fra legale ed illegale.
La sede strategica del clan rimane a Noto, ma grande importanza riveste Avola da sempre “croce e delizia” dello storico capo Antonino (Pinuccio) Trigila, per colpa dei rapporti non sempre facili con il gruppo Crapula.
I messaggeri di “zu” Pinuccio, su tutti la moglie Nunziatina Bianca, la figlia Angela Trigila, il genero Graziano Buonora ed il fratello, Gianfranco, portano ordini fuori, le ambasciate del vecchio capo a cui, talvolta (come vedremo), sembra sfuggire lo scettro del comando, quantomeno economico.
Pinuccio è un vecchio pastore, ma sui “conti” sembra non scherzare e sulla cassa comune del clan esercita un’importantissima influenza, nonostante alcuni colpi di testa di chi, di volta in volta, la amministra (o l’ha amministrata).
Lo stipendio medio per il capo in galera, Antonino Pinuccio Trigila, era fra i cinque ed i seimila euro mensili (si, seimila euro, alla faccia della crisi). A questa somma alla Nunziatina Bianca venivano consegnati anche una cifra che variava fra i duemila ed i quattromila mensili per l’altro ergastolano, figlio di Pinuccio e Bianca, ovvero Giuseppe (detto Peppuccio) Trigila.
L’ONORE DIMENTICATO DEL BOSS “INFEDELE”
Dalla gestione degli stipendi del clan, inoltre, si evince chiaramente (qualora ce ne fosse bisogno) come questi mafiosi di “onore e rispetto” non abbiano realmente nulla.
La famiglia, uno dei principi cardine di cui si riempiono la bocca, è usata a seconda della convenienza.
Si evince chiaramente, dicevamo, come la parte di Pinuccio non fosse solo quella consegnata alla (moglie) Nunziatina Bianca, ma ci fosse una piccola parte per il figlio naturale di Pinuccio, avuto con un’altra donna, e per un paio di amanti, anche mogli di altri affiliati.
L’EXTRA DEL CLAN
Oltre a queste importantissime cifre riconosciute mensilmente, anche nei clan ci sono – si direbbe con linguaggio borsistico – i cosiddetti “dividendi”. E’ il caso, ad esempio, di un’annata particolarmente fortunata nella “campagna delle angurie” in cui il “ragioniere” del momento, Wladker (detto Rino o Ninacchio) Albergo, verserà alla Nunziatina Bianca ben 15mila euro extra, oltre alle 8mila mensili, così divisi: 10mila per il marito Pinuccio e 5mila per il figlio, Peppuccio.
LA GELOSIA DI PINUCCIO ED I CONTI CHE NON TORNANO
Ma nella distribuzione degli stipendi non sempre è tutto “rose e fiori”, come nel caso degli stipendi alle figure apicali del clan.
Oltre ad Antonino Pinuccio Trigila, la stessa cifra (di sei mila euro mensili) veniva versata anche a chi in quel periodo teneva la cassa e li divideva a Michele Crapula e ad un altro soggetto di rango nel clan.
Questa divisione fa comprendere come Antonino Pinuccio Trigila non sia più il capo assoluto, almeno non negli interessi più importanti, quelli relativi ai soldi.
Infatti più volte è capitato, con relative lamentele nel clan stesso, che lo stipendio più elevato (ben 10mila euro mensili), toccasse a “Ninacchio”, fra le ire della prole del Trigila.
LA FESTA DI COMPLEANNO DELLA NIPOTE

Tutte le famiglie festeggiano i compleanni dei nipoti facendo grandi sacrifici economici. Questo assunto vale per tutti, tranne per i Trigila: loro i soldi li “trovano” sempre.
Ed è questo un episodio particolare che doveva servire a mitigare i litigi con chi gestiva la cassa del clan. L’occasione fu data dai festeggiamenti per il compleanno della nipote che si tenne in grande stile, con tanto di foto pubblicate su facebook. In quel caso il “ragioniere” del clan fece avere 3mila euro extra per le spese e per una bellissima torta (in foto).
GLI STIPENDI DEGLI ALTRI AFFILIATI

Meno sfarzi per gli altri affiliati che venivano remunerati, invece, con stipendi che variavano da 2mila a 1.500 euro, fino a mille euro mensili.
Tonino Campisi detto u scoppiu, storico appartenente alla famiglia Trigila, uno dei killer più efferati ed ancora oggi detenuto, ad esempio, riceve uno stipendio di 1.500 euro al mese. Più o meno la stessa cifra che viene riconosciuta a Filippo Sesta, storico capo dei camminanti di Noto.
Ovviamente a queste cifre vanno scorporate, secondo quanto è facile capire, tutti gli altri stipendi degli affiliati in libertà.
AVOLA, I CRAPULA E GLI STIPENDI CON LE ESTORSIONI
Ad Avola importante cifra nelle casse del clan arrivano dalle estorsioni alle pompe funebri, ancora oggi fortissima attività del clan ad appannaggio dei Crapula.
Va detto, per inciso, che la figlia di Michele, Desirè Crapula ha proprio ad Avola un’agenzia di Pompe funebri (“Il fiorista“) e ha da poco rilevato, quindi espandendosi, un’ulteriore attività al cimitero (ovviamente chi non vuole finanziare certe famiglie, non deve andare in queste attività delle quali, per tale ragione, indichiamo i nomi) oltre alla gestione, alla quale più volte abbiamo fatto riferimento, del Waikiki bar, prima sequestrato e poi dissequestrato (e per il quale si aspetta l’esito del processo) ed oggi gestito dal figlio più piccolo di Michele Crapula, Cristian.
Proprio su Avola insiste l’altro figlio di Michele, Rosario Crapula che, secondo investigazioni e dichiarazioni di collaboratori di Giustizia (più avanti sui Crapula le pubblicheremo integralmente) è “legato al gruppo di suo padre. Raccoglieva i proventi delle estorsioni e li divideva per fare gli stipendi”. Ruolo importante hanno avuto il cognato di Michele Crapula, Paolo Golino ed il suocero (defunto), Aurelio Magro.
Insomma, su Avola c’è forse la situazione più complessa dell’area meridionale e di competenza del clan Trigila.
Caro Paolo, basterebbero dieci come te per sconfiggere definitivamente il cancro mafioso. Non ho aggettivi per definire il tuo straordinario impegno civile ed il tuo coraggio. Senza retorica, la tua azione è eroica e tutti dobbiamo esserti grati. Non so come, ma sono a tua completa disposizione per aiutarti a spalare questa montagna di merda che si chiama mafia. Grazie, grazie.
Diego Sergio Anzà