Verso i Liberi Consorzi dei Comuni. Riflessioni culturali e antropologiche su un Territorio omogeneo.

Sabato 26 Aprile presso la sede della Fondazione Grimaldi a Modica Bassa si è tenuto l’interessante Convegno dal titolo “Verso i Liberi Consorzi Comunali tra storia, antropologia e cultura.” L’ostica tematica è stata affrontata da quattro relatori: il Prof. Domenico Pisana, la Prof.ssa Grazia Dormiente, l’On. Avv. Antonio Borrometi ed il Prof. Giovanni Di Rosa. Ognuno di essi ha indirizzato il proprio intervento su uno specifico aspetto dell’argomento. Ostico, dicevo, perché non è affatto facile affrontare sotto il profilo squisitamente culturale un argomento che ha un impatto politico rilevante che potrà modificare dinamiche economiche ed equilibri territoriali.

Diremo subito che il convegno è riuscito, tutto sommato in buona misura, a centrare l’obiettivo per cui era stato ideato e organizzato: fornire argomenti culturali, storici, antropologici e di diritto al dibattito in corso sulla opportunità o meno, per la Città di Modica, di lasciare l’attuale Consorzio (quello della ex Provincia di Ragusa) per formarne come capofila un altro ex novo. Gli argomenti affrontati sono stati declinati con competenza e puntualità dai relatori che si sono confrontati sul terreno dibattimentale senza pregiudizi e senza preordinazione che avrebbe dato al Convegno un sapore certamente politico e di minore spessore.

Pisana, nella sua relazione, ha centrato l’attenzione sulle possibilità che il territorio del Sud Est dell’isola offre alla ipotesi di un nuovo consorzio: la sintesi tra mare e campagna, i beni culturali che testimoniano una stratificazione temporale che si svolge come filo logico (dal Barocco di Modica e Scicli al Liberty di Ispica), l’enogastronomia che rende omogenei territori contigui e animati dalle stesse prospettive. Pisana ha quindi ammonito sui rischi che si corrono a portare avanti tesi di natura rivendicazionista (Rausa provincia e Muorica … , ma se a storia ritonna …) derivanti dalla scelta del Governo Mussolini di decretare come capoluogo Ragusa nel 1927, così come tesi di natura campanilistica (la Grandeur di Modica magnificata nella sua parabola storica). Pisana sceglie quindi come sua propria posizione il modello diocesi (il Consorzio dovrebbe avere la dimensione geografica che ha la Diocesi di Noto, nata nel 1844) citando Giovanni Gentile [“ci sono epoche in cui per andare avanti si deve tornare indietro”] e fornendo quindi una prospettiva di un ritorno ad un passato ormai abbastanza remoto per armonizzarlo alle sfide di questo secolo, il secolo del digitale e dell’elettronica.

Di natura antropologica la relazione della Dormiente, che ha condotto il ragionamento sugli indicatori di omogeneità antropologica che possono essere offerti alla riflessione del dibattito. Dopo aver riconosciuto al Prof. Barone di avere avviato il dibattito e dopo avere affermato che la risorsa Cultura è la più preziosa per nuove riflessioni, ha indicato nella Campagna Vissuta e nel Senso della Festa due utili indicatori. La Campagna Vissuta è una peculiarità paesaggistica comune: l’homo faber del Sud Est ha reso la nostra campagna il libro della nostra Storia; la natura modificata dall’abilità umana altro non è che specchio di storia, cultura e società. Bufalino, Sciascia, Consolo e moltissimi altri scrittori e viaggiatori sono stati colpiti dal reticolato dei muri a secco che si snodano per ettari ed ettari, pi sammi e sammi ri tirrinu, come a far da contraltare, questa pietra dialettale ed umile, alla pietra colta del nostro Barocco. Il Senso della Festa omogenea nell’area del Sud Est e così diverso dal senso della festa dell’altra Sicilia, quella arabo punica dell’Occidente rispetto a quella greca nostra aperta alle innovazioni, è l’altro indicatore di omogeneità antropologica che ci può offrire spunti di riflessione interessanti. Il nostro senso della festa è la gioia e la sua rappresentazione in opposizione dicotomica all’altro senso della festa presente nell’isola più incentrato sul dramma, sul mistero, sulla morte. Infine il Paesaggio, non come luogo ma come universo di saperi. La Dormiente ci invita ad evolvere la mentalità ed a rileggere il territorio, senza pregiudizio di campanilismo ma con passione civile. Un invito ad un dialogo tra natura, sapori, saperi dove un attrattore culturale che è anche volano turistico come il cioccolato di Modica può divenire simbolo dell’area.

L’Avv. Borrometi ha svolto il suo intervento sulle ragioni di diritto che sono alla base della ipotesi del Libero Consorzio di Modica: dal 1837  al 1865 l’Intendenza (il governo di area vasta precedente alle Province) è stata trasferita da Siracusa a Noto e poi riportata nella città aretusea dopo un moto di remissione in giustizia di una scelta antistorica; stesso moto che non ci fu (nè forse avrebbe potuto esserci data la condizione politica in cui versava una classe dirigente modicana che pesava poco all’interno del fascismo isolano) quando Pennavaria mise le cose in modo tale che Ragusa, contro tutti gli indicatori utilizzabili, divenisse capoluogo. Affibbia alla rappresentanza parlamentare della Città succedutasi nel corso del tempo magna pars della responsabilità di più e più fallimenti su questo piano politico, derivanti non soltanto dal destino cinico e baro. Sottolinea infine la necessità di trovare comunanze di interessi concreti e politicamente spendibili in quanto nessuno degli altri interlocutori ha interesse alla grandezza di Modica.

Di Rosa, infine, offre delle riflessioni di natura storica e cenni sulle condizioni da cui veniamo e in cui ci troviamo. Al momento dell’Unità d’Italia Modica era un fermento di lotte ed iniziative, centro di dibattito, confronto e dialogo. La classe politica liberale al potere a quel tempo si dimostrò illuminata e rese Modica, attraverso la fondazione dell’Archimede nel 1867 e del Campailla nel 1875, centro degli studi per tutta l’area considerata dal dibattito come possibile territorio del Consorzio, dimostrando di avere un prospettiva di lungo respiro legata anche alla corrente culturale del positivismo europeo. Ma già dall’alluvione del 1902 l’atteggiamento del Governo centrale (Zanardelli) nei confronti della Città cambia, stanziando solo 650.000 Lire a fronte dei 5 Milioni necessari. E ancora nel biennio rosso del 1920-21 la Città era viva, coacervo di operai, maestranze, borghesia che si affiancava alla vecchia aristocrazia. Dopo lo schiaffo del ’27 la Città perde peso politico e declina per riprendere un percorso di crescita negli anni ’50 e ’60: la classe dirigente aveva prospettive, si dibatteva e si aveva un progetto di fondo. Oggi, che viviamo un momento di retrocessione (la chiusura di servizi come il tribunale, le scuole e altro ancora), ci troviamo di fronte alla necessità di sapere fermare la decadenza. Ripercorre le tappe del dibattito politico culturale avviato da Raffaele Poidomani dalle colonne di “Nuova Provincia” nel 1956: un dibattito di avanguardia che pone basi prospettiche nuove che arriva a dichiarare di volere ragionare anche “con l’audace Ragusa” e che aveva visto persino il deposito di uno statuto scritto e pensato da Nannino Ragusa e che oggi è recuperabile ed attualizzabile al momento che stiamo vivendo.

Il convegno è stato allietato dalle musiche del trio Gatto, Giaquinta e Loibisio che hanno eseguito musiche di Bach e Schubert.

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