Un delitto dalla difficilissima interpretazione. Un omicidio avvolto nel mistero più fitto quello di Ivano Inglese trentaduenne di Vittoria, un vita spezzata quel tardo pomeriggio del 20 settembre del 2012 in un luogo appartato in aperta campagna, in contrada Pozzo Ribaudo. Alle 19,15 aveva avvisato gli amici che sarebbe rientrato quanto prima ma dalle 19,45 il cellulare risultava irraggiungibile.
Il padre, allarmato per il mancato rientro del figlio (Ivano era abitudinario nelle sue azioni e avvisava sempre la madre sui suoi ritardi, spostamenti, contrattempi) ha chiamato la polizia.
Erano le 22,40 circa quando le forze dell’ordine hanno individuato prima la Volkswagen Golf della vittima parcheggiata sul dosso di una strada interpoderale e, 100 metri più avanti, il corpo privo di vita di Ivano crivellato da 6 colpi di arma da fuoco di cui solo uno gli è stato fatale.
Immediata la disponibilità ed il lavoro intenso della Squadra Mobile – coordinata da Francesco Marino – e dal vicequestore Rosario Amarù i quali non hanno perso un minuto dal rinvenimento del cadavere in contrada Pozzo Ribaudo per avviare le indagini, interloquendo con la Polizia Scientifica di Palermo e Catania, questi ultimi utilizzando le tecniche più avanzate, in particolare attraverso la fumigazione con esteri di cianoacrilato e rilevamento di tracce di tipo biologico con utilizzo di luminol e fisico, attraverso il prelievo di cellule epiteliali di sfaldamento al fine di evidenziare il profilo genetico utile per eventuali comparazioni. Tutto effettuato con la massima e scrupolosa precisione e con tecniche altamente sofisticate ma, purtroppo, a distanza di diciotto mesi, raggiungere ben pochi risultati.
A distanza di diciotto mesi sul grave fatto di sangue è calato il silenzio più assoluto, sicuramente il più insopportabile per i familiari di un ragazzo solare, espansivo, disponibile con tutti.
Non un delitto per rapina, non un regolamento di conti perché Ivano aveva una condotta di vita irreprensibile: famiglia, fidanzata, amici (Ivano era amato da tutta la comunità vittoriese) lavoro anzi due lavori: svolgeva l’attività di dipendente alle Poste e quella presso un distributore di benzina. Non solo, era instancabile: nei week-end approfittava del tempo libero per ultimare dei lavori al suo appartamento: il suo sogno? Coronare il suo futuro assieme alla sua fidanzata.
E allora ci chiediamo perché tanta efferatezza su una persona assolutamente normale che aspirava a una vita serena da trascorrere assieme alla sua amata famiglia?
Alla luce di quanto emerso e, purtroppo ben poco, accogliamo l’appello della madre, al fine di non archiviare il caso. La signora Ornella chiede chiarezza, verità, giustizia:
“Chi sa parli, voglio giustizia.” “Interrompo il silenzio del nostro dolore composto ma vivo dentro di noi e che continua a vivere intensamente giorno dopo giorno a partire da quel terribile 20 settembre del 2012. Un dolore lancinante che accompagna la nostra vita ormai del tutto sconvolta dalla perdita del nostro Ivano. Ivano era la gioia di vivere, l’essenza delle emozioni più belle, aveva un’innata solarità che trasmetteva generosamente a tutti i suoi amici. Un amante degli animali tra cui una gattina alla quale dedicava ogni attenzione. La stessa gattina che morì lo stesso giorno di Ivano intorno alle 20,15 quasi avvertendo la perdita del suo caro padroncino.
Ivano esternava facilmente le sue emozioni a me raccontandomi ogni confidenza, ogni momento della sua esistenza. Colgo l’occasione per lanciare un appello nonostante sia a conoscenza del lavoro intenso e scrupoloso effettuato dagli inquirenti che si sono impegnati con solerzia sulle indagini per trovare la luce della verità. Ma ciò non è bastato. Noi viviamo con il fiato sospeso e con la speranza di trovare giustizia e chiarezza. Vogliamo che la verità venga a galla, una volta per tutte. Viviamo in attesa di un dettaglio che possa essere rilevante per fare luce alle indagini ancora in corso e che speriamo non vengano archiviate. Un cenno, una lettera, una telefonata anche anonimamente che possa darci una speranza in più per risolvere il nostro dolore anche se quello rimane e rimarrà per sempre con noi. Viviamo nella speranza anche dopo 18 mesi di chi ha visto, sentito qualcosa che si faccia avanti e ripetiamo anonimamente anche un particolare che ritiene rilevante si faccia avanti senza timore. E’ impossibile e inaccettabile che nessuno abbia visto nulla quella sera del 20 settembre del 2012. Una normalissima sera ancora non all’imbrunire. Abbiamo la speranza e viviamo con la speranza che chi ha commesso questo delitto atroce venga assicurato alla giustizia. Dio vi benedica tutti, Ornella.”