“Ma suchi io pane e acqua ma tu nautra cosa, comunque mangio cannelloni a casa alla facciazza tua” e poi ancora “le informazioni ke ha sono sbagliate” ed infine “tolga l’articolo”.
Criticare il giornalista, chiunque esso sia, è diventato uno sport nazionale. Ed allora via a minacce ed insulti, come se piovesse, senza curarsi se le informazioni riportate, come nel caso che raccontiamo, siano riprese fedelmente da un comunicato stampa di una Forza di Polizia.
Ed è proprio quanto accaduto: ieri mattina abbiamo pubblicato, firmandolo “Redazione”, un articolo dal titolo: “Rapina a Comiso, i Carabinieri arrestano due vittoriesi: Ketty Giannelli e Lorena Martinez” (LEGGI).
L’articolo riprendeva fedelmente il comunicato stampa con le informazioni diffuse dai Carabinieri di Comiso. Eppure l’ira di una delle arrestate è stata implacabile.
Dagli arresti domiciliari (si, avete capito bene!) la Signora Ketty Giannelli, noncurante di non poter comunicare con l’esterno, ha utilizzato il proprio profilo Facebook per insultare e dileggiare il lavoro del giornalista, intimando una immediata “rimozione dell’articolo”. Invece di vergognarsi per il fatto commesso.
Le considerazioni, però, al netto di un altro reato commesso dalla Signora Ketty Giannelli, ovvero l’aver comunicato con l’esterno dagli arresti domiciliari, sono altre.
Il problema è molto più serio: può il giornalista, qualsiasi cosa scriva, prendersi insulti e minacce? Si può continuare con questo andazzo?
Ed infine: qualcuno insegnerà a chi sta agli arresti domiciliari che non si può comunicare con l’esterno?