Niscemi e Vittoria. Due città quattro bambini uccisi dalla violenza mafiosa. Il 27 agosto 1987 Giuseppe Cutruneo, 8 anni, e Rosario Montalto, 11 anni, stavano giocando per strada, vicino le proprie abitazioni nel centro di Niscemi in provincia di Caltanissetta. All’improvviso da un’auto che ne insegue un’altra a folle velocità parte una sventagliata di proiettili. Per i due bambini non c’è scampo. Giuseppe muore all’istante; Rosario, raggiunto a sua volta da quattro colpi, che gli hanno spappolato i polmoni, il fegato e il colon, muore dopo 56 ore di sofferenza.
Alessio e Simone D’Antonio i due cuginetti di Vittoria, in provincia di Ragusa, stavano giocando sull’uscio di casa quando un suv li ha travolti e uccisi. Una scena che gli investigatori giunti sul posto e i familiari non dimenticheranno mai. La violenza con cui il suv è piombato sui bambini è stata tale che i corpicini sono stati divisi in due. Brandelli di carne e sangue sui muri e lungo la strada, le gambe, invece ad alcuni metri di distanza. Il padre racconta di aver visto dalla finestra di casa volare Alessio, che morirà sul colpo, e il cuginetto Simone che morirà qualche giorno dopo tra atroci sofferenze.
Cos’hanno in comune questi due episodi lontani nel tempo e diversi per modalità di esecuzione? Apparentemente nulla. Il primo è un duplice omicidio per mano dei killer di Stidda e cosa nostra.
Il secondo un omicidio stradale causato dall’alta velocità, dalla droga e dall’alcol. Una tragica fatalità se non fosse per lo spessore di chi guidava e di chi gli stava accanto.
Nel caso di Vittoria l’arma è rappresentata da Angelo Ventura detto u checcu, pluripregiudicato figlio di Titta, capomafia vittoriese, da Alfredo Sortino, pregiudicato, e Rosario Fiore.
Il grilletto che ha premuto l’arma è rappresentato da Rosario Greco, detto Saro, figlio di Elio Greco, capomafia di Vittoria, attualmente in carcere per tentato omicidio.
Il proiettile è rappresentato dal Suv che a folle velocità ha falciato i bambini.
Vorrei che le immagini dei brandelli di carne e sangue sparsi sui muri e sulla strada, dei bambini che volano, delle gambe ritrovate ad alcuni metri di distanza, dei corpi tranciati e ridotti in poltiglia, della disperazione visibile sul viso dei genitori, della sofferenza e del dolore, rimanessero impresse per sempre nella memoria di ognuno di noi. Perché quello che è accaduto a Vittoria non è un semplice omicidio stradale. E’ qualcosa di più che è direttamente legato allo spessore dei singoli e delle loro famiglie di appartenenza. Al senso di impunità insito nei loro comportamenti e di onnipotenza che deriva dai pregressi familiari. Ecco perché non possiamo dire che si è trattato di un incidente che poteva capitare a chiunque. Nessuno, per rispetto del dolore e della memoria dei bambini, deve pensare che si sia trattato di un semplice incidente. E’ stato un duplice omicidio stradale causato dalla violenza mafiosa.
La pubblica accusa dovrebbe chiedere per gli assassini di Simone e Alessio l’aggravante del metodo mafioso, ossia l’articolo 7 del decreto legge numero 152 del 13 maggio 1991 convertito nella legge 203 del 1991. Una legge che ha l’obbiettivo di “coprire” anche le più sfuggenti condotte dei “fiancheggiatori” delle organizzazioni mafiose. Una legge che ha aperto la strada alla “responsabilità mafiosa ambientale” nel momento in cui scarseggiano le prove. La giurisprudenza nel definire l’art. 7 della legge 203/1991, come strumento “normativo-processuale” ha voluto codificare tutta una serie di reati e comportamenti che sfuggivano al reato di associazione mafiosa previsto dalla legge La Torre, ossia all’art. 416 bis del codice penale. Una recente sentenza della cassazione(Sez. VI, sent. 1 marzo 2017 (dep. 23 marzo 2017), n. 14249, Pres. Ippolito, Rel. Bassi, Imp. Barbieri) addirittura elenca una serie di condotte idonee per l’applicazione dell’aggravante del metodo mafioso. Per quanto riguarda la modalità della condotta e le peculiarità del contesto la Corte ha indicato alcuni elementi eterogenei che riguardano, come in questo caso, chi ha ucciso i bambini, le vittime, l’ambiente in cui si è consumata la tragedia.
Le prime cose da esaminare dovrebbero essere le qualità soggettive di chi ha ucciso i bambini; l’atteggiamento di chi guidava durante l’omicidio, andavano a folle velocità sicuri dell’impunità per via della loro storia familiare e criminale, il coinvolgimento di questi criminali in procedimenti per fatti di criminalità organizzata, la loro vicinanza ad ambienti criminali e con esponenti della consorteria criminale della città. Infatti a Vittoria tutti sanno chi sono e a quale famiglia mafiosa appartengano gli autori del duplice omicidio. Infine la corte di cassazione indica, come ulteriore elemento di prova alla base della contestazione dell’aggravante del metodo mafioso, il “contesto ambientale” in cui sono occorsi i fatti e le “infiltrazioni mafiose nel tessuto economico sociale”.
Insomma gli elementi per chiedere l’aggravante del metodo mafioso potrebbero esserci tutti. Naturalmente sarebbe la prima volta in Italia che l’aggravante venga data agli autori di un omicidio stradale. Ma per sbattere in carcere i mafiosi e i loro amici ci deve essere sempre una prima volta. Non possiamo più chiudere gli occhi e far finta di tornare alla normalità. Nulla è più normale per Vittoria e i suoi abitanti.
Giuseppe Bascietto
Giuseppe sono con te.
Il tuo invito dovrebbe esse sostenuto da tutti i 60.000.000 milioni di italiani, per non lasciare soli i piccoli Alessio e Simone.
L’augurio è che la tua proposta possa farsi strada ed arrivare alle teste dei giudici che si troveranno a dover mettere da parte i sentimenti e a giudicare in base ai codici di procedura penale.
Bene, se davvero esistono appigli e riferimenti legislativi per dare una pena esemplare ai colpevoli di questa immensa e inaccettabile tragedia…che i Giudici li utilizzino! Senza remore! Senza limitarsi pertanto all’applicazione delle “blandissime” pene previste per l’omicidio stradale.
Esprimo tutta la mia vicinanza e il sincero profondo cordoglio ai genitori dei piccoli Alessio e Simone.
Loro sono le altre 4 vittime dell’orrore che si è abbattuto sulle loro famiglie quella sera, senza lasciargli scampo.
Giudici, non abbiate paura di voi stessi o di sbagliare. Non si sbaglia se si giudica da Uomini, Uomini di legge ci mancherebbe, ma Uomini con la “U” maiuscola.
Fabio